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Quando la felicità è lontana dal cuore, ci si ritrova ulteriormente aggravati nella propria condizione di miseria, perché quella continua mancanza di vera soddisfazione del cuore, quella continua insoddisfazione del cuore nel tempo ci incattivisce: ci incattivisce con noi stessi, con gli altri, spesso dentro uno sfogo anche autolesionista e violento. La felicità sentita lontana e impossibile, l’insufficienza, l’incapacità, la delusione “delle cose” con cui cerchiamo di soddisfare il cuore, ci fanno emergere dentro un’insicurezza, una paura, una rabbia, un bisogno di dare sfogo a questa insoddisfazione, a questa delusione, anche in modo violento su noi stessi e sugli altri… Insoddisfazione, tristezza, noia, paura, malessere, vuoto, ansia, solitudine… sono tutti sintomi che ci mostrano e ci fanno sentire che nulla è capace di appagare questo nostro cuore, di rispondere, compiere ed esaltare la nostra umanità e, contemporaneamente, sono i segni – anche drammatici – della portata smisurata, infinita e quindi irriducibile della nostra umanità, del nostro desiderio, del nostro cuore. Proprio perché il mio cuore è tutto fatto dal desiderio dell’Infinito – come diceva Leopardi – mi trovo ad accusare le cose di insufficienza, di incapacità a soddisfarmi…
Quando ci si accorge “che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio” si resta amareggiati e delusi, ci si dispera o ci si sfoga, ripeto, talvolta in modo anche violento. A meno che non accada di incontrare Qualcuno che ci aiuti a scoprire che tutto questo è semplicemente la grandezza della nostra natura umana; una Presenza che venga incontro, abbracci e risponda a questa voragine che è il nostro cuore, al nostro più profondo e radicale bisogno; una Presenza, Qualcuno che “sempre di nuovo ci viene incontro – attraverso uomini nei quali Egli traspare” (Benedetto XVI, Deus caritas est). Chissà che, dopo secoli e secoli, la “questione” sempre urgente e indispensabile non si ritrovi tutta nelle parole di sant’Agostino: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”?

Nicolino Pompei